Le lezioni del lunedì con il gruppo CSE Arcobaleno

Le lezioni di arrampicata in palestra per utenti con disabilità sono un progetto nato da Claudia e Matteo, che hanno accettato questa scommessa e la stanno portando avanti dal 2019.


Claudia è un’educatrice che si occupa di realizzare progetti sportivi per persone con disabilità. Maria Teresa è la coordinatrice del centro diurno CSE Arcobaleno della Cooperativa La Cordata di Roè Volciano e ha il ruolo di concretizzare le collaborazioni con le diverse associazioni presenti sul territorio, affinché si costruisca una rete propria di una comunità educante.  
I corsi di arrampicata sportiva con il CSE Arcobaleno sono stati resi possibili anche grazie all’associazione calcistica di Sabbio Chiese, A.S.D. Nuova Valsabbia, che ha generosamente offerto gli spazi del campo sportivo.


“Ci spiegate brevemente cos’è il centro diurno e che cosa organizzate?”


Maria Teresa Il CSE Arcobaleno è un servizio diurno accreditato ad ATS (Azienda per la Tutela della Salute) ed è rivolto a utenti con disabilità che hanno assolto l’obbligo scolastico. Il nostro obiettivo principale è proporre interventi socioeducativi che prevedano il coinvolgimento delle associazioni del territorio, al fine di “fare rete”. Per quanto riguarda le attività sportive, avviata la collaborazione con le associazioni, si prosegue a tesserare il singolo utente, in modo che quest’ultimo possa eventualmente continuare l’attività anche in maniera autonoma. Negli anni, posso affermare, si è sempre trovata una grandissima collaborazione e disponibilità da parte delle associazioni sportive locali. Non solo non abbiamo mai trovato porte chiuse, ma abbiamo avuto il piacere di incontrare persone che, a costo zero, si sono messe a disposizione per far conoscere la loro disciplina sportiva ai ragazzi, rinnovando di anno in anno il loro invito. Ciò ha favorito la nascita di rapporti positivi e durevoli. Credo che questo legame sia scaturito grazie a quello che i nostri ragazzi sono capaci di trasmettere. Entrare in relazione con persone con disabilità offre la possibilità di misurare i propri limiti, sentendosi comunque sempre accolti e motivati a dare il meglio per loro

Matteo è un istruttore di arrampicata sportiva che ha pensato e realizzato un corso per persone con disabilità. 
Durante un loro allenamento, hanno raccontato come sono stati questi anni insieme e che cosa vorrebbero realizzare in futuro: 


 “Quando è iniziato questo progetto?”


Claudia“1° ottobre 2019. Poi, purtroppo, siamo stati interrotti dal Covid e abbiamo dovuto sospendere ogni attività del centro, quindi anche l’arrampicata in palestra. Abbiamo ripreso con il nuovo anno, ad ottobre 2021, e da allora abbiamo fatto venire in palestra due gruppi. In tutto sono stati nove i ragazzi che hanno partecipato a questa iniziativa”. 


“Matteo, spiegaci brevemente in cosa consiste una lezione di arrampicata sportiva e cosa cambia, invece, in questo contesto” 


Matteo “Un corso di arrampicata sportiva offre, normalmente, 5 o 6 lezioni basate principalmente sulla tecnica. Si spiega come l’attività deve essere svolta e l’aspirante arrampicatore acquisisce un bagaglio di conoscenze utili per la pratica. Con Claudia, invece, abbiamo proposto un percorso di medio-lungo termine, sull’esempio dei corsi sportivi dedicati a bambini e ragazzi. In questo modo, abbiamo a disposizione un certo numero di allenamenti settimanali, distribuiti sulla stagione scolastica. La tecnica diventa solo una piccola componente della lezione, che deve comprendere riscaldamento, applicazione di diverse tecniche di arrampicata, potenziamento e defaticamento”. 


“Come viene adattato l’allenamento per lo sportivo disabile, in concreto?”


Matteo “Si comincia la lezione con un riscaldamento generico. I ragazzi, poi, partecipano attivamente nell’allestimento della palestra d’arrampicata, sono loro che staccano i materassi dai moschettoni e li dispongono sotto la parete attrezzata. Poi cominciano a scalare uno per uno e, in questo modo, ognuno si può focalizzare sulle singole difficoltà e sui singoli obiettivi. Qualcuno ha l’obiettivo di arrampicare in modo autonomo, senza essere issato, fino alla fine della parete, mentre qualcun altro sta iniziando a sfruttare solo le prese di un solo colore, a perfezionarsi”.


“Possiamo dire che ognuno ha uno scopo particolare che intende raggiungere, in base alle proprie specifiche”. 


Matteo “Esatto. È stato interessante, durante questi anni, vedere più di un solo gruppo. All’inizio sono arrivati cinque ragazzi, poi si sono scambiati con altri tre. È successo per ragioni organizzative, non è stata una scelta, quindi, grazie a questo scambio, ho potuto conoscere più allievi ed è stata un’esperienza davvero soddisfacente”. 


“La tua esperienza coinvolge già due gruppi”. 


Matteo “Sì, esatto. I ragazzi del primo gruppo sono riusciti tutti a scalare fino in cima ed è stato interessante vedere il loro miglioramento, il loro percorso. I “nuovi”, come hanno fatto gli altri prima di loro, dopo il primo passo si fermavano e restavano lì, a tremare come le foglie. Ora, piano piano, ci provano, prendono una presa in più e poi un’altra... A fine lezione sono soddisfatti. Quest’esperienza mi fa capire quanto allenare un gruppo, in questo caso di persone con disabilità, ma è indifferente che lo siano, sia appagante sul lungo termine.  Portare avanti una “squadra” di ragazzi così motivati, così carichi, riempie di motivazione anche me”. 

“Cosa ti ha reso particolarmente felice rispetto a questo progetto?”


Matteo “Sono talmente felici loro di essere qua, che di riflesso sono felice anche io di essere qui con loro. Nonostante l’impegno sia costante, mi vincola tutti i lunedì, la loro soddisfazione ripaga”. 


“Sono emersi dei problemi? Ci sono degli aspetti che vorresti migliorare?"


Matteo “L’unica questione di cui ho parlato con Claudia riguarda la possibilità di avere qui più persone o più gruppi che, magari a turno, partecipano all’attività”. 


Claudia “Sarebbe bello vederli tutti sulla parete, mettere in gioco la loro abilità di coordinarsi e vedere il loro approccio all’arrampicata”. 


“Claudia e Maria Teresa, qual è stata la vostra esperienza, come educatrici?”


Claudia Per me è stata bellissima. Mi piace molto lo sport e in questo modo sono riuscita a portare il mio contributo anche in ambito lavorativo. Mi è piaciuto vedere come, bilanciando l’attività sulla singola persona, si riescano a trovare delle componenti in cui ogni ognuno riesce a praticare. Oltre all’ arrampicata, con loro pratico anche judo, nuoto e tennis. Si tratta di stimoli, per loro, per mettersi in gioco in diversi sport che possono apparire difficili, ma che invece si rivelano fattibili, anche ai loro occhi”.  


Maria Teresa “In questi anni, la mia esperienza lavorativa si è focalizzata soprattutto sui minori con disabilità. Da giugno ho intrapreso questo nuovo percorso nel mondo della disabilità adulta. Ogni realtà educativa, come nello sport, ti offre l’opportunità di conoscere te stesso e di metterti in gioco all’interno di dinamiche relazionali. Nel centro diurno, a differenza di altri contesti, siamo noi che costruiamo su misura degli utenti la proposta educativa e questo è impagabile. Claudia ha proposto, tra i vari sport, anche l’arrampicata e ha dimostrato che i nostri ragazzi possono “giocarsela ad armi pari”. Io, personalmente, non potrei arrampicare come invece stanno facendo loro, sarei io a dimostrare una condizione di svantaggio se fossi sulla parete. Il lavoro educativo verte sulla capacità dell’operatore di aiutare l’utente a comprendere il proprio valore e le proprie abilità. Quest’anno, ad esempio, abbiamo strutturato una proposta multidisciplinare intorno allo sport e a uno stile di vita sano. Attraverso le attività sportive possiamo introdurre anche altri concetti, come quello della salute a tavola, che altrimenti risulterebbero astratti. Dopo la pandemia, abbiamo avviato degli incontri di educazione alimentare in collaborazione con aziende agricole del territorio, cerchiamo, in questo modo, di costruire insieme ai ragazzi un percorso dinamico che coinvolga tutti gli aspetti della vita”. 

“Claudia, ci hai detto che affianchi i ragazzi in varie attività. Da dove nasce l’idea di arrampicare con loro?”


Claudia “L’arrampicata sportiva piace tanto a me e quando ho saputo che c’era questa possibilità e ho pensato di realizzarla. Riuscire ad avvicinare i ragazzi a qualcosa che amo fare mi fa sentire più coinvolta e riesco anche a trasmettere loro la mia passione".


“Sei riuscita a superare lo stereotipo dell’arrampicata sportiva come sport pericoloso? Anche e soprattutto per i tuoi ragazzi e per il tuo team?”


Claudia “L’ho messo subito in chiaro. Qui in palestra siamo al sicuro e, al contrario, si tratta di uno sport utile per capire sé stessi e il proprio corpo. Il fatto di sentirsi sicuri su una presa, provare la propria forza con movimenti non comuni, essere in alto, in una dimensione diversa aiuta a prendere coscienza di sé.  Ci si sente anche responsabili. Si comprende il proprio limite e, di volta in volta, lo si sposta un po’più in là”


Maria Teresa “L’arrampicata sportiva aiuta molto le famiglie, in modo particolare a non stabilire a priori le abilità del proprio figlio. Spesso i limiti sono nostri, che, per paura, non permettiamo ai ragazzi di sperimentare diversi contesti. Lo sport consente di acquisire una maggiore sicurezza e autostima, ciò si riflette sulle azioni e sulla gestione delle emozioni quotidiane. I ragazzi del CSE coinvolti nell’arrampicata non sono dei “chiacchieroni” e questo si riflette nelle relazioni interpersonali che instaurano, ma, quando sono sulla parete, sono loro i protagonisti assoluti, perché non tutti sanno fare quello che fanno loro. La gioia che leggi nei loro occhi quando, dall’ alto, ti chiedono fieri di guardarli è palpabile, non hanno bisogno di parole per descrivere quanto stanno vivendo. Questa è la dimostrazione che il linguaggio è solo uno dei diversi canali comunicativi e come in ogni relazione educativa bisogna solo trovare la chiave di lettura per comprendere il proprio posto nel mondo”.


“Quali sono state le difficoltà fino ad ora?”


Claudia “La cosa più difficile è far loro capire che non c’è nulla da temere. È stato necessario un po’ di tempo per dare sicurezza ai ragazzi e trasmettere il concetto che, anche se si devono aggrappare a qualcosa di insicuro, non succede nulla di grave”. 


“A proposito di dare sicurezza, questa iniziativa è stata proposta da un’educatrice climber. Si sono tutti fidati della proposta di Claudia?”


Maria Teresa “I ragazzi che fanno parte della cooperativa hanno un rapporto di fiducia molto solido con gli educatori, di cui si fidano e a cui si affidano molto. All’ inizio dell’anno, ogni educatore propone un ventaglio di attività, attingendo dal proprio bagaglio esperienziale, e studia come questo possa riadattarsi all’utente a scopo educativo. Claudia si dedica alle attività sportive perché, grazie alla sua formazione e la sua esperienza, riesce a dare forma a questi progetti. È la sua passione che trasmette ai ragazzi e questo ne favorisce inevitabilmente la buona riuscita. Ciò, sono certa, non sarebbe possibile se proponesse un’attività che non la motivasse.  A differenza di altri contesti scolastici o professionali, noi abbiamo la fortuna di poter “costruire” il tempo a disposizione e di mettere i nostri interessi a disposizione e supporto del gruppo, dando così un tocco personale, un pezzo di noi, a quello che facciamo”. 


Claudia “Ti senti come se la tua passione fosse anche un po’ il tuo lavoro. Questo ti da la possibilità di riflettere e migliorarti anche nel perfezionamento dei progetti”.


Maria Teresa “Anche pensare e portare avanti un progetto sul medio e lungo termine con l’obiettivo di perfezionarlo è parte del lavoro educativo”.


Matteo “Sarebbe bello rivedere anche i ragazzi dello scorso anno. Alcuni avevano raggiunto ottimi risultati”. 


Maria Teresa “Purtroppo la pandemia non ha permesso di far accedere tutti i ragazzi alle varie iniziative. Abbiamo dovuto creare delle “bolle”, in questi due anni, in cui raggruppare le stesse persone e addirittura, spesso, lo stesso educatore. Per questo, talvolta, non è stato possibile combaciare la struttura delle singole bolle con le disponibilità degli esterni. Noi speriamo di poter tornare al sistema organizzativo di prima, sia per lo sport che per il nostro lavoro con loro”. 


Maria Teresa, cosa diresti ad un collega che vuole avvicinare delle persone disabili all’arrampicata sportiva?


Maria Teresa “Fatelo! Da modo alla persona di riscoprirsi e di assumere sicurezza di sé. Mentre stiamo parlando ci sono i nostri ragazzi sulla parete… e sono anche abbastanza in alto! Vediamo Katia che, con tutta serenità, scende saltellando e incita i suoi compagni a seguirla come in un gioco da bambini. Grazie alla caparbietà di Matteo, che ha donato il suo tempo libero e la sua pazienza, e grazie a Claudia, che ha saputo trovare il giusto equilibrio tra professionalità e passione, i ragazzi hanno potuto ottenere pian piano risultati in uno sport non così comune.Proprio questo ha fatto la differenza sia sul singolo partecipante che sulle dinamiche del gruppo”.


“Cosa prevedete per il futuro? Continuerete a proporre questo progetto?”


Claudia “Noi intendiamo sicuramente proseguire anche l’anno prossimo con l’arrampicata sportiva e, se sarà possibile, aumentare il numero dei partecipanti”.


I ragazzi iniziano ad avvicinarsi e si presentano, palesemente incuriositi dalla presenza di una figura nuova, ma intimiditi per chiedere apertamente che ruolo avesse nel loro spazio. Quando viene loro spiegato che si sta rilasciando un’intervista, entrano nel dialogo e, anche se attraverso poche parole, esprimono tutta la loro gioia e la loro felicità per poter praticare questo sport. Pur non essendo, come ci aveva anticipato Maria Teresa, dei chiacchieroni, si è ben compreso cosa significa che ognuno ha il suo canale comunicativo e che, a volte, uno sguardo o un sorriso vale davvero più di mille parole.

 

Intervista del 28 marzo 2022,

Redazione: Stefania Zanetti.